Movimento di riforma ecclesiastica, diffusosi nell'XI sec.
con lo sviluppo della congregazione dei monasteri dipendenti dall'abate di
Cluny. Il monastero benedettino di Cluny era stato fondato nel 910 da Guglielmo
il Pio, duca di Aquitania, e una caratteristica importante nella sua
organizzazione era la totale indipendenza che i monaci godevano
nell'amministrazione dei loro affari e nella scelta dei propri capi. Un'altra
caratteristica che contribuì notevolmente al suo sviluppo fu costituita
dal fatto che i nuovi monasteri che accettavano la regola di Cluny passavano
direttamente sotto il controllo del monastero centrale e sotto la direzione
dell'abate di Cluny (alla metà del XIII sec. erano oltre mille i
monasteri riformati e 1500 quelli annessi all'abbazia). I monasteri cluniacensi
costituirono per primi un ordine accentrato sotto il controllo di un unico capo,
proponendosi come strumento di riforma ecclesiastica, soprattutto con
riferimento alla simonia, cioè alla vendita delle cariche ecclesiastiche,
che costituiva uno dei mali più gravi della Chiesa di quel tempo,
strettamente connessa all'impiego degli ecclesiastici nel governo secolare. Si
imponeva pertanto l'esigenza di riformare la Chiesa nel senso che essa doveva
tendere a fare di sé una comunità autonoma, con una politica sua
propria e un'amministrazione interamente ecclesiastica. Il monastero di Cluny,
con la riforma da esso promossa, contribuì notevolmente a risvegliare il
desiderio di indipendenza degli ecclesiastici, tendente a fare della Chiesa un
potere spirituale autonomo dall'autorità civile, che sarebbe poi sfociato
nelle controversie dell'XI sec. tra papa e imperatore.